RECANATI - Il perito nominato dal Gip Domenico Potetti, la grafologa Maria Concetta Aquilino, di Tolentino, ha completato la perizia concludendo che il manoscritto altro non sarebbe che una stampa realizzata con la matrice su torchio in piano e inchiostro tra il 1960 e 1970 e realizzata su una carta databile alla metà dell’Ottocento.105614553 b6670401 251b 4f2d 8400 1783e8670516

Un falso dunque, una “patacca”che si voleva piazzare a 150 mila euro.

Dopo tutta una serie di analisi e perizie sarebbe in realtà un bel falso il manoscritto ritenuto inizialmente il terzo dell’Infinito leopardiano e che stava per essere battuto dalla casa d’aste Minerva Auctions di Roma per 150 mila euro.

Da quanto emerso, dunque, il documento attribuito inizialmente a Giacomo Leopardi - al centro di un'inchiesta - sarebbe una riproduzione di stampa risultata identica a un’altra riproduzione ritrovata a Recanati.

Entrambi sarebbero stati generati dalla stessa matrice che a sua volta risulta essere stata realizzata utilizzando la riproduzione dell’Idillio presente su delle cartoline reperite alla biblioteca di Casa Leopardi.

E fu proprio Casa Leopardi per prima a sostenere che quel documento non era un originale basandosi su registri custoditi a palazzo.

Il terzo presunto originale era stato rinvenuto  dal direttore degli Istituti culturali del Comune di Cingoli, Luca Pernici, all’interno di una collezione privata, in parte proveniente dal disperso archivio dei conti Servanti Collio di San Severino. Insieme a Pernici è indagato anche Luciano Innocenzi, proprietario del manoscritto, ambedue con l’accusa di aver detenuto al fine di farne commercio un manoscritto risultato essere un calco o un perfetto fac simile.

Dunque rimangono due gli originali del componimento leopardiano, uno custodito alla Biblioteca Nazionale di Napoli, l’altro al Museo di Visso.