A cura dell’ Ing. Stefano Donati

Un restauro di un immobile è sempre un viaggio in cui, in qualche misura, è l’edificio stesso a decidere la meta. Non ha fatto eccezione il restauro delle scuderie di palazzo Leopardi, immobile in cui furono, nel 1796, ricavati degli alloggi per il personale di servizio, fra cui il cocchiere di famiglia, padre della Teresa che Giacomo trasforma poeticamente in Silvia.rest1

L’edificio si presentava pressoché intatto nella sua struttura (ad eccezione di alcune alterazioni delle aperture al piano terra e di un solaio ricostruito negli anni ’50 per sorreggere il peso del grano), tuttavia specialmente per l’azione degli eventi metereologici le malte che fungono da legante risultavano molto degradate.
Nel 1795 venne iniziata la costruzione di questo edifico murando i mattoni con malta a base di terra e sabbia, quindi poco consistente. I giunti vennero poi stilati con robusta calce idraulica ed il tutto coperto con diverse mani della stessa calce ma colorata. Questo trattamento protettivo, colorato, venne poi ridato in più mani anche negli anni successivi non appena si deteriorava.

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Al momento del restauro le parti alte ed il cornicione erano testimoni completi di questa tecnica costruttiva. Tecnica che però stava mostrando i segni del tempo anche per effetto delle scosse sismiche che hanno colpito le Marche non risparmiando la casa di Silvia.DSCF9018
Ci siamo trovati di fronte ad una situazione che potremmo definire un “tempo zero”. Si doveva salvare il bene ma ciò avrebbe gioco forza comportato una sua alterazione.
Ragionando attorno alle teorie del restauro avremmo perfino potuto progettare una teca di cristallo per conservare l’edificio ma questo non avrebbe protetto la muratura, ormai priva di legante, dalle azioni sismiche future.
Restaurare nel 2017 deve lasciare un segno riconoscibile, non mimetico. Abbiamo così intrapreso la strada di un restauro che fosse condotto con tecniche dell’epoca della costruzione (e quindi perfettamente compatibile con i materiali) e che si presentasse, appunto, riconoscibile.
Grazie ad aziende altamente qualificate nel settore del restauro abbiamo ricreato le miscele di calce più idonee e dopo numerosi test di compatibilità dei materiali si è intrapreso un ciclo di lavorazioni che ha visto il ripristino delle connessure con calce idraulica, seguito da diverse mani di pittura a base di calce della stessa matrice di quella già posta in opera.

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Parallelamente si sono inseriti in modo reversibile ed il più possibile occulto, dei presidi per la difesa sismica dell’edifico. Profili metallici, croci di sant’Andrea, rinforzi strutturali con resine eco compatibili hanno permesso di conseguire un miglioramento della risposta dell’edificio senza sostituire le orditure lignee e senza snaturare il comportamento duttile del corpo di fabbrica.
L’edifico stesso ci ha così condotto a questo restauro in cui prima di agire abbiamo osservato, ascoltato e cercato di rispettare la natura stessa della costruzione, pur rendendo riconoscibile l’intervento ed utilizzando tecniche reversibili e protettive per la muratura.

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Certo avremmo potuto limitarci ad asportare le ultime tracce di colore e restaurare solamente i giunti. Non avremmo però reso giustizia ad una “casa” che aveva acquisito decoro proprio grazie al colore, infatti la tessitura muraria è fatta con materiali di recupero, spesso non integri ed era stato il colore, peraltro proprio di tutte le pertinenze della famiglia Leopardi (fino alle stanze del Poeta), a conferire bellezza e protezione all’edificio.
Nel restauro dell’interno invece, ci si è limitati ad una opera di pulizia di quanto trovato, integrando in modo riconoscibile, ma non invasivo, quanto presente.

Ed è stato un vero piacere, nonché un onore aver fatto risuonare, seppur con i lavori, le quiete stanze.

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