di Rossella Marinucci, NIDIL-CGIL

ANCONA - I fatti li conosciamo tutti. Un virus è entrato nelle nostre vite e nei nostri racconti. All’inizio abbiamo minimizzato, poi in silenzio abbiamo osservato quello che accadeva, poi abbiamo capito che il pericolo si avvicinava finché siamo rimasti tutti dentro casa ad aspettare che il peggio passasse.

Qualcuno si è ammalato, qualcuno ha sofferto o visto soffrire, qualcuno ha perso un familiare o un amico.

Abbiamo avuto paura, sì abbiamo avuto tutti paura. Per i nostri figli, per i nostri genitori, e per le nostre stesse vite. Ma la paura è un privilegio che non tutti possono permettersi, non tutti allo stesso modo.

Per esempio in una azienda metalmeccanica della nostra provincia, dopo la conferenza stampa di Conte e prima dell’inizio del lockdown è arrivata la paura: la paura di lavorare senza mascherine e tutti appiccicati, la paura di portare a casa il virus, la paura di ammalarsi …87768659 10216320454947894 7256819839023448064 o

Quindi i dipendenti dell’azienda hanno chiesto ferie, qualcuno ha presentato certificato medico, qualcuno ha chiesto i permessi 104 o i congedi per i figli. Comunque chi lo ha chiesto ha potuto restare a casa, tutelato e retribuito.

E i loro colleghi somministrati? Si quelli che fanno il loro stesso identico lavoro ma che sono assunti dall’agenzia e non direttamente dalla ditta. Quelli che hanno 2 “padroni”, 2 contratti nazionali e un rapporto di lavoro che mette in scena un perverso triangolo per niente amoroso. Quelli che devono piacere sia all’utilizzatore che all’agenzia, quelli che subiscono un doppio ricatto: perché se chiedono troppo (magari di essere inquadrati allo stesso livello dei loro colleghi), se hanno problemi, se si ammalano, se devono assistere i figli o i genitori… non solo rischiano di non vedersi rinnovare il contratto, ma rischiano anche che l’agenzia non trovi loro più nessun altro lavoro, neanche in altre aziende.

E che succede allora? Tutti a casa, richiesta di ferie straordinarie, e proviamo a fermare la paura. E quando arriva la busta paga, sorpresa: niente retribuzione e dopo qualche giorno (dopo le rimostranze della Cgil, di Fiom e NIdiL insieme presenti in questa azienda) hanno ricevuto anche una contestazione disciplinare per assenza non autorizzata e non giustificata!

Ci sono volute settimane, pec e videochiamate, lettere incontri e discussioni, fino a che la Cgil (sì proprio noi, quelli che alla domanda “Dov’era il sindacato quando…?” sappiamo esattamente cosa rispondere) ha presentato un ricorso in tribunale per “comportamento antisindacale” (l’ art. 28 del caro vecchio “Statuto dei lavoratori” - L. 300/70!) per vedere riconosciuta la fatidica “parità di trattamento”, che è riconoscimento di pari retribuzione, pari diritti e pari tutele, ma anche… pari diritto ad avere paura!

Questo il risultato ottenuto: a tutti i lavoratori e le lavoratrici in somministrazione che hanno ricevuto una sanzione disciplinare l’agenzia annullerà i provvedimenti e restituirà i soldi delle sanzioni; la ditta utilizzatrice ha riconosciuto formalmente di non avere ascoltato le esigenze espresse dai lavoratori somministrati e dalle loro rsu (rappresentanti sindacali) Fiom e NIdiL.

Al loro rappresentante sindacale è stato riconosciuto un risarcimento per l’interruzione della missione a tempo indeterminato (casualmente comunicata dopo l’impegno sindacale svolto in questa fase complicata) e proseguirà la ricerca di un nuovo lavoro con l’assistenza contrattualmente dovuta dell’agenzia di somministrazione.

E per chi rimane in azienda, diretti e somministrati insieme, l’impegno scritto a riprendere le relazioni sindacali e rispettare gli accordi sottoscritti e sino ad ora disattesi. Perchè per noi i lavoratori dentro un luogo di lavoro sono tutti uguali, a prescindere dal tipo di contratto che hanno.

 Abbiamo con convinzione perseguito ogni strada per restituire ai lavoratori il risarcimento di una ingiustizia subita, al di là del risibile valore economico, ed ha raggiunto un piccolo grande risultato, che non annulla la disparità e il doppio ricatto che subiscono quotidianamente centinaia di donne e di uomini, ma che ribadisce il senso e l’obiettivo principale del nostro impegno quotidiano: ogni lavoratrice ed ogni lavoratore deve vedersi riconosciuti diritti e tutele,a prescindere dal tipo di contratto che ha firmato …. ha diritto anche ad avere paura!