ANCONA - 25 novembre 2020: Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Non una celebrazione né una ricorrenza, tanto più in questo tempo della pandemia in cui sono da rifuggire più che mai le formule retoriche e in cui, semmai, abbiamo bisogno di parole di senso per rappresentare la realtà e comunicare la necessità di un impegno comune per la difesa dei diritti e per la promozione della parità, combattendo ogni rischio di arretramento culturale.

Perciò il 25 novembre è per noi la data in cui rinnovare il patto di alleanza contro ogni forma di violenza e di discriminazione di genere, ora e ancora, perché la violenza contro le donne non è un problema del singolo, magari presentato dai social media come fosse un malato da curare o preda di un raptus, ma è un fenomeno strutturale che ha radici culturali profonde e pervasive e che, in quanto tale, necessita di interventi strutturali, continui e integrati tra vari soggetti. Per questo, anche nella nostra regione, le Organizzazioni sindacali sono impegnate a fianco e a sostegno della rete regionale che ha il suo perno nei centri antiviolenza.

Oggi ancora di più, nel contesto di emergenza sanitaria ed economica, la violenza diventa l’esito estremo di diseguaglianze e di discriminazioni di genere che il COVID può alimentare.

Secondo i dati Istat durante il lockdown della scorsa primavera sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il numero verde attivo 24 ore su 24 per le richieste di aiuto e sostegno delle 25DONNAvittime di violenza e stalking, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Nelle Marche, tra marzo e giugno, ben 286 donne hanno telefonato a questo servizio. Tra queste, 127 erano state vittime di violenza. Cifre più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%). Ben oltre 1.200 donne in più si sono rivolte ai centri anti-violenza D.i.Re in poco più di un mese, dal 2 marzo al 5 aprile scorso.

Dati che confermano quanto la reclusione in ambienti domestici già segnati dal disagio abbiano esacerbato o innescato situazioni di violenza. È importante ricordare questi numeri mentre stiamo vivendo la seconda ondata della pandemia che ancora una volta o impone un lavoro da casa, che impropriamente spesso viene definito smart working, in convivenze forzate dalla necessità che hanno unito sfera pubblica e privata, o genera nuova disoccupazione femminile poiché sconvolge dal punto di vista occupazionale settori prevalentemente occupati da donne: ricezione, commercio, turismo, attività di assistenza e di cura della persona.

Molte donne perdono il lavoro e la mancanza di sicurezza economica e di una rete di relazioni le espone ancora di più al rischio della violenza. In altri casi il lavoro che continua vede compromesse le tutele mentre rischiano di crescere le discriminazioni. Le donne che lavorano in settori come quello sanitario e socio-sanitario sono, per esempio, spesso le più esposte a carichi di lavoro massacranti e al rischio di infezione.

Come certificano i dati INAIL, riferiti alla prima ondata di pandemia, la maggior parte delle denunce di infortunio da COVID-19 attiene alle donne: nelle Marche le denunce di contagio sono state 1.416, delle quali 1.033 sono state presentate da donne, il 70,7% del totale. Il 30,9% delle donne che hanno contratto il virus durante il lavoro ha un’età compresa tra i 50-64 anni e il 26,8% tra i 35-49 anni. Infermiere, operatrici socio-sanitarie, ausiliare ospedaliere e operatrici socio assistenziali sono tra le figure professionali più colpite. Anche questi dati sono da ricordare a dimostrazione di come le donne siano colpite su più fronti dalla pandemia e di come l’emergenza sanitaria rischi di acuire le disuguaglianze di genere.

Il contesto del lavoro nelle Marche, tra l’altro, vede da anni fortemente penalizzate le donne, in termini di occupazione, di qualità del lavoro, di valorizzazione delle competenze. Una dispersione di valore che rischia di impoverire il nostro territorio e che trova conferma anche nel mancato protagonismo, purtroppo, delle donne nella rappresentanza e nella partecipazione politica, istituzionale ed anche economica.

Per noi difendere i diritti delle donne, favorire la loro partecipazione e promuovere la cultura della parità siano condizioni necessarie per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile della nostra regione. Per questo invitiamo la nuova Giunta regionale e l’Assessora alle Pari opportunità a porre attenzione al fenomeno della violenza sulle donne, a riprendere presto il percorso mirato a rafforzare case rifugio e centri antiviolenza e ad assicurare formazione professionale ed incentivi per l’occupazione delle donne vittime per aiutarle concretamente a fuoruscire dalla violenza. Al contempo vanno messe in campo politiche per favorire e promuovere la parità e la valorizzazione delle donne nel lavoro e per incentivare e sostenere l’occupazione femminile.

In una situazione così complessa ribadiamo e rilanciamo il nostro impegno a tutela dei diritti delle donne e del lavoro delle donne e per l’attuazione della Convenzione 190 dell’OIL sulle molestie e violenze nel mondo del lavoro, per la protezione, la prevenzione, la lotta alle discriminazioni con l’assistenza, la formazione e la sensibilizzazione culturale, perché il lavoro deve essere per tutte e tutti il luogo dell’emancipazione e della libertà.

Daniela Barbaresi – Cristiana Ilari – Claudia Mazzucchelli
(Segreterie regionali CGIL CISL UIL Marche)