SAN SEVERINO - La Città di San Severino Marche ha voluto salutare i successi di uno dei suoi tanti figli illustri, mister Fabrizio Castori, allenatore italiano che di recente ha salutato il ritorno in serie A alla guida della Salernitana.
Settempedano d’origine, è nato l’11 luglio 1954, Castori ha iniziato a tirare i primi calcio a un pallone con i compagni dell’oratorio San Paolo. Poi l’esordio nella formazione locale della Settempeda e la scalata di tutti i campionati della Figc, la Federazione Italiana Giuoco Calcio, dalla terza categoria fino alla massima serie.

“Mi manca solo una promozione in seconda categoria” ha detto il mister sul palco del Feronia che ha ospitato la cerimonia ufficiale di consegna di una targa con la quale il primo cittadino settempedano, Rosa Piermattei, e l’Amministrazione comunale, a nome dell’intera comunità locale, hanno voluto salutare in modo davvero speciale “i tanti traguardi raggiunti e quelli che verranno”.IMG 20210605 WA0083

Considerato l’erede di Mazzone, cosa che lo fa ancora emozionare, Castori ha collezionato quasi 500 gare in panchina iniziando la sua carriera alla guida della Belfortese per poi passare al San Vicino, all’Urbisaglia, al Tolentino, al Camerino, alla Grottese, alla Monturanese e, ancora, di nuovo al Tolentino, dove rimase per sei stagioni. Poi il calcio che diventa lavoro vero e la svolta del Lanciano prima di altri passaggi storici al Castel di Sangro e poi al Cesena e alla Salernitana, al Piacenza, all'Ascoli, al Varese, alla Reggina e al Carpi, con la conquista della serie A, e ancora il ritorno al Cesena e di nuovo al Carpi poi il passaggio al Trapani e alla Salernitana con la storia più recente di un allenatore che non ha mai smesso di stupire.

“Fisico da guerriero e cuore da leone” ha detto di lui, sul palco, il sindaco di San Severino Marche, Rosa Piermattei, sottolineandone le caratteristiche umane, ancor prima che professionali, con quel suo “esserci sempre per il paese che gli ha dato i natali e dove è sempre tornato soprattutto quando la nostra comunità ha vissuto momenti di difficoltà, come in occasione del terremoto. Siamo orgogliosi di te come lo è orgogliosa la tua famiglia. Con tanta tenacia, tanta caparbietà, con tantissimi sacrifici, sei riuscito a raggiungere tanti traguardi cercando di non tralasciare nulla”.

Alla festa per mister castori si sono uniti anche molti amici di sempre, tra cui l’industriale Lino Rossi di Sefro che ha raccontato uno dei tanti aneddoti sulla vita di Fabrizio: “Quando un presidente di una nota società mi chiese cosa ne pensassi di lui, ho subito risposto: “E’ un marchigiano, la genetica è apposto”, e poi l’assessore comunale allo Sport, Paolo Paoloni, compagno di squadra e amico “di una persona che è un esempio perché sa dare un valore aggiunto in un mondo veramente difficile come quello del calcio anche a tantissimi giovani che dovrebbero continuare a prendere spunto da lui pure nella vita di tutti i giorni”.

A Castori è stata consegnata anche una seconda targa ricordo dalla Società Sportiva Settempeda e dalla Polisportiva Serralta rappresentate dal presidente Marco Crescenzi.

“Mi emoziona ricevere tante attenzioni” – ha detto Castori che ha voluto ringraziare anche sua moglie Paola che, ha ricordato il mister, sposò l’idea di farmi lasciare il lavoro a Tolentino per andare ad allenare il Lanciano “avviandomi così a una carriera che mi ha dato molto”.

Tantissimi i ricordi condivisi dal palco del Feronia: “Ho seguito la mia passione e sono andato dietro le mie forti motivazioni. Ho studiato il calcio e continuo a studiarlo convinto che si possa sempre migliorare perché non ci si può mai sentire arrivati – ha ancora detto Castori, sottolineando – Sono spietato con me stesso, ho Arrigo Sacchi come modello e a sessant’anni mi sono fatto un regalo portando il Carpi in A. La nuova sfida? Bella tosta, con la Salernitana mi sono rimesso in gioco”.

La vittoria più grande, però, Fabrizio l’ha voluta dedicare a una squadra speciale, quella della comunità di San Patrignano cui ha dato vita assieme a Marcello Chianese. Usò il calcio come terapia di recupero, la stessa terapia che oggi usa per i suoi giovani: "Non non voglio insegnare nulla, ho detto no all’università che me lo ha chiesto. Io – dice l’uomo Fabrizio che tutti conoscono e amano – voglio solo continuare a raccontare me stesso”.

IMG20210605123143