Omelia di S. E. Mons. Claudio Giuliodori

"Oggi è nato per noi il Salvatore che è Cristo Signore”. È lo splendido ritornello che riempie di esultanza la liturgia del Natale. In tutte le Chiese del mondo risuona questo annuncio di gioia e di speranza. È un annuncio di cui sentiamo un particolare bisogno in questo anno in cui tutti vedono vacillare quelle sicurezze economiche e materiali a cui, forse con troppa leggerezza, abbiamo affidato molte delle nostre speranze. La parola crisi aleggia e rimbalza di bocca in bocca senza risparmiare nessuno. Per alcuni si è già tradotta nell’amara e drammatica esperienza di chiusura di imprese e di perdita del lavoro. Ci troviamo di fronte ad uno dei momenti più difficili per il nostro Paese dal dopo guerra ai nostri giorni e non tanto per ciò che sta succedendo quanto piuttosto per l’incertezza del futuro. Tutti siamo in attesa di capire quale evoluzione avrà questa situazione che dipende in parte da fattori interni alla nostra economia ma soprattutto da complesse situazioni politiche e finanziarie a livello internazionale.giuliodori

In questa Betlemme del 2011, in cui non sembra esserci posto per una speranza diversa da quella che abbiamo legato alle vicende economiche, giunge in mezzo a noi l’Emmanuele: il Dio con noi. Che cosa è legittimo attendersi dal Salvatore? Il risanamento dei conti pubblici del nostro Paese? Il superamento delle fibrillazioni finanziarie mondiali che rendono incerto lo sviluppo e il futuro dell’umanità? Certamente il Signore non viene a risolvere magicamente i nostri problemi né ci solleva dalle nostre responsabilità. Anche duemila anni fa, quando Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo le situazioni non erano facili. Il popolo ebraico doveva fare i conti con il dominio romano e con le tante povertà materiali e spirituali di cui ci parlano i vangeli. Molti anche allora attendevano da Dio una liberazione materiale e molti anche oggi pensano che si debba ricorrere a Dio perché ci risolva i problemi.

Forse non è questo l’atteggiamento giusto per accogliere il manifestarsi di Dio nella storia dell’umanità, ma è altrettanto vero che la sua venuta è fonte per tutti di luce e di vera speranza. Che cosa, allora, ci dice concretamente il Signore con la sua nascita in questo nostro tempo segnato dalla crisi? La parola di Dio è al riguardo ricca di spunti. Possiamo cogliere tre indicazioni per un’accoglienza sincera del Signore che diventi per tutti noi fonte di un profondo rinnovamento di vita, da cui certamente arriveranno anche le risposte giuste per affrontare l’attuale contingenza, fonte di grande apprensione e timore.

In primo luogo ascoltiamo attentamente l’annuncio della venuta del Salvatore, così come viene fatto ai pastori. Cogliamo la portata di quello che l’angelo indica come il “segno”. Il vangelo di Luca lo sottolinea con forza: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Dobbiamo considerare bene che cosa significhi il fatto che Dio, l’onnipotente, l’eterno, l’infinito, si è fatto piccolo, povero e umile affidandosi alle mani dell’uomo. Dio si è fatto bambino e nella sua predicazione Gesù più volte ci ha richiamato alla necessità di vivere con l’atteggiamento dei bambini. “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite - dice ai discepoli -: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso” (Mc 10, 14-15). Possiamo comprendere meglio il senso del Natale se ripensiamo anche a ciò che Gesù dice a Nicodemo: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” E alla sua domanda: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” Gesù risponde: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (cf Gv 3, 3-6). Dio prende la carne umana in Maria per opera dello Spirito Santo e noi ora celebrando il Natale del Signore attraverso l’opera dello Spirito Santo nel grembo mariano della Chiesa siamo rigenerati nella nostra umanità per crescere nella pienezza dell’amore e partecipare per grazia alla vita divina. In questa Santa Notte non esitiamo ad accogliere il bambino Gesù che umilmente si offre a noi e conformiamo la nostra vita alla sua. Non dobbiamo avere paura di tornare come bambini. Non a caso, una delle immagini più belle del Natale è quella dei bambini che aprono i regali sotto l’albero. Anche noi raccolti sotto l’albero della vita che è Cristo, Dio fatto uomo per noi, accogliamo questa sera i regali della sua grazia che rinnovano la nostra vita. Ma solo chi ritorna bambino potrà riceverli.

Una seconda indicazione ci viene dall’epistola. Proviamo ad applicare alla nostra vita quanto San Paolo dice a Tito: “È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà” (Tito 2, 11-12). San Paolo ci ricorda che la grazia donataci da Gesù bambino non può lasciarci indifferenti. La sua nascita in mezzo a noi è in grado di cambiare ogni cosa. Da una parte ci aiuta a sfuggire il male rinnegando “l’empietà e i desideri mondani” e dall’altra ci indica la strada da percorrere per esser in lui persone nuove capaci di “vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”. In questo modo di pensare e organizzare la vita troviamo concretamente anche le condizioni per affrontare la crisi. La vera causa di questa crisi, infatti, non è di carattere economico ma etico. La perdita di rigore morale ha portato alla sostituzione del bene comune come criterio di ogni azione con l’interesse personale, e questo accade sia nei grandi sistemi internazionali sia nelle singole scelte personali. Alla radice degli squilibri finanziari ci sono scelte scriteriate e inique compiute da uomini e da gruppi senza scrupoli.

Il Natale ci dice allora che dobbiamo affrontare la crisi con determinazione, avendo il coraggio di rimuovere le cause. Non c’è un’altra strada. Facciamo nostre pertanto le tre indicazioni di San Paolo: vivere con sobrietà e cioè rimettere al centro le cose che veramente contano, ossia la vita spirituale, gli affetti, la cura delle persone, uno stile di vita equilibrato e liberato dal mito del consumismo; vivere con giustizia e cioè avere una profonda rettitudine morale che ci aiuti a resistere alle sirene sempre più suadenti della disonestà e dell’illegalità, avendo ben chiaro che ogni azione ingiusta fa male a chi la compie e ferisce profondamente il tessuto sociale; vivere con pietà, e cioè fare della solidarietà e della misericordia i criteri regolatori dei nostri rapporti con gli altri prestando una particolare attenzione a chi è più fragile e indifeso. Il Natale, oltre ai buoni sentimenti che finiscono presto, esige da ciascuno di noi un radicale cambiamento di vita. Solo a queste condizioni potremo trasformare in brutto ricordo del passato quella crisi che ora sentiamo come incubo per il futuro.

Una terza ed ultima considerazione possiamo svilupparla a partire dal clima che avvolge il Natale del Signore e che si riflette in questa liturgia. Tutto ci parla di luce e di gioia. Il profeta Isaia ci offre un’immagine efficace di quanto stiamo vivendo: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9, 1). Anche le tenebre della crisi che sembrano avvolgere questo nostro tempo saranno vinte se accoglieremo con sincerità di cuore la luce del Signore che viene. È questa la luce vera che viene nel mondo e continua a brillare per gli uomini anche se le tenebre la contrastano, come ricorda l’evangelista Giovanni nel prologo del suo vangelo (cf Gv 1, 4-5.9). Non lasciamoci ingannare dalle tante luci artificiali interne ed esterne che ci danno l’illusione di vederci bene. In realtà vediamo ben poco della verità delle cose, anzi la nostra presunzione di vedere, sapere e potere tutto ci rende ancora più ciechi e prigionieri delle tenebre.

Ma il Signore viene a guarirci e portarci la sua luce: una luce che diventa faro per il mondo intero. L’aver assistito alla natività del Signore ci rigenera e ci rende suoi testimoni. Molti uomini e donne in questo momento hanno bisogno di umili pastori in grado di annunciare loro che in Gesù Cristo Dio è con noi, ci viene incontro e cammina al nostro fianco. Questo è l’annuncio di speranza di cui il mondo ha urgente ed estremo bisogno per affrontare con coraggio le prove del nostro tempo. Stando commossi e stupiti di fronte al bambino Gesù da cui scaturisce l’unica, grande e vera speranza, cantiamo con gli angeli e testimoniamo con la vita: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2, 14).

Sia lodato Gesù Cristo.