RECANATI/MONTEFANO - Sono centinaia le adesioni alla petizione contro la realizzazione di una discarica in uno die potenziali siti individuati nei due territori e in seno ai vari comitati di quartiere delle zone rurtali interessate ci si muove anche per le vie legali.

L'avv. Paolo Tanoni ha redatto già una diffida da inviare alla Provincia ed agli altri enti coinvolti da parte del "Comitato No Discarica Montefano/Recanati" dove si legge quanto segue:

"Egregi Signori, ci siamo posti nella prospettiva di valutare laicamente il potenziale insediamento nell’area del Comune di Recanati di una discarica per i rifiuti solidi urbani. Già questoveduta 2 area approccio, che attiene all’intera area del Comune in questione, disvela un metodo che rifugge il mero atteggiamento nimby, che non sarebbe consono a cittadini che difendono i propri diritti senza contrapporli a quelli, avvertiti per non minori, degli altri consociati, in una sorta di lotta indotta, al termine della quale, proprio le opposizioni di tutti, legittimano le decisioni, infondate per quello che vedremo, di pochi: coloro che saranno chiamati ad assumere le determinazioni finali e che, già con questo incipit, hanno dimostrato un atteggiamento datato e non conforme ai canoni della buona amministrazione della cosa pubblica.

Ed infatti, gli amministratori, verso i quali insorgiamo, si sono già abbandonati, in questa fase procedimentale, alla potenziale contrapposizionedegli interessi degli uni a quelli degli altri, come se la soluzione del problema fosse necessariamente correlata al sacrificio di alcuno dei consociati, in una vecchia concezione secondo la qualeil munus pubblico pretenda, come momento dell’espressione del potere gestorio, il degradare dei diritti dei cittadini ad interessi legittimi e, questi,a d essere compulsati dall’interesse pubblico prevalente: con il che si restringe il novero delle possibili soluzioni adottabili ad una sorta di circolo vizioso, nel quale tutti perderanno, chi prima chi dopo, insomma prima o poi una discarica a ciascuno.

Viceversa, se si vuol far aderire, come sembra doveroso, l’attività amministrativa ad una lettura costituzionalmente orientata, deve concludersi che la stessa, dovendo rispondere al principio di legalità e di buon andamento e, nel contempo, ad orientare gli interventi nell’economia all’interesse comune, debbono essere esaminati tutti gli interventi che siano stabili nell’assicurare il risultato –cosa che all’evidenza non si ottiene con il meccanismo adottato, che ha, dichiaratamente, una valenza temporale limitata e che impone di tornare al problema ogni tanti anni, affliggendo progressivamente l’intero territorio –rispondano ai requisiti dello stato della tecnica, con un esame comparativo delle esperienze, anche internazionali, in materia, con un progetto di durata e di ricadute sociali ed economiche controllabili e misurabili, aperte ad un endemico miglioramento, che faccia rimanere l’intervento aderente agli standard più elevati del settore.

Gli amministratori coinvolti avrebbero dovuto ispirarsi alla Carta Costituzionale, nella quale sono scolpiti i principi della convivenza comune e che indirizza l’attività amministrativa fissandone i principi ispiratori, e leggere il principio di legalità, non come mero ossequio alle procedure amministrative, ma come ricerca delle soluzione più attuali, sostenibilie proiettate al benessere comune, mentre non è più possibile la mera ripetizione di condotte anteatte, che rendono conclamata una visione burocratico-ripetitiva del ruolo svolto, già in se censurabile siccome acritica.

Amministratori avveduti, consapevoli del ruolo ricoperto, non avrebbero potuto orientare le scelte verso nuovi insediamenti di conferimento, semplicemente delegando a società, suppostamente specializzate, la loro individuazione, ma si sarebbero dovuti porre il problema dell’esistenza di metodologie diverse e più rispondenti ai canoni di economicità, di rispetto dell’ecosistema in tutte le sue componenti, verso l’economia circolare e un indirizzo del trattamento del fine vita dei rifiuti aderente allo stato della tecnica.

Si sarebbe dovuto aver presente la definizione di “rifiuti Zero”, secondo la Zero Waste International Alliance, si sarebbe veduta area discaricadovuta analizzare, ad esempio, l’esperienza del comune di Capannori e non da ultimo, in un processo virtuoso, verificare se altri ambiti della pubblica amministrazione, anche locale, avessero analizzato ed avviato progetti che potessero risolvere in radice il problema: ci consta, ad esempio, che l’Astea abbia in fase di avanzata analisi la realizzazione di un impianto destinato a risolvere definitivamente la questione con ricadute, anche economiche, virtuose.

Ecco allora che la patologia degli atti amministrativi, già conclamata perché non rispondente ad una lettura costituzionalmente orientata del problema e delle possibili soluzioni, diviene anche insipienza gestionale, per il mancato coordinamento con le altre espressioni dell’amministrazione pubblica e con le sue articolazioni che agiscono come enti privati.

Un quadro desolante nel quale gli orientamenti delle direttive comunitarie vengono disattesi, la stessa programmazione settoriale della Regione Marche viene interpretata in maniera strumentale e l’interesse dei cittadini sacrificato.

Ma il novero delle inadeguatezze e delle patologie non si esaurisce qui, a dimostrazione del fatto che, quando un atto è scorrettamente orientato, poi collide con una serie di previsioni specifiche, notorio essendo l’effetto coattivo del nostro ordinamento.

Su tali temi torneremo perché attengono, inter alia, alla violazione di norme di rango urbanistico, di protezione ambientale, ma non ci sembra questa la sede deputata, perché abbasseremo lo sguardo sul dettaglio e perderemo di vista la prospettiva da consociati, consapevoli che la propria salvezza dall’abuso non può essere ottenuta a scapito di altri.

Quello che viene in rilievo infatti è la patologia genetica del progetto e non la sua fase esecutiva che viene travolta, di conseguenza, come si conviene in un iter procedimentale inficiato dall’inizio.

Le conseguenze sono ovvie sia sul piano della logica, sia sul piano del diritto: la pubblica amministrazione,in autotutela, deve annullare l’iter procedimentale, riavviarlo in maniera da analizzare comparativamente le soluzioni possibili che abbiano le caratteristiche imposte dallo stato della tecnica: una soluzione, per essere tale, non deve consistere in un guadagnar tempo, altrimenti si risolve in un rinvio o, peggio in una ammissione d’impotenza.

Tutti coloro che non vi provvederanno risponderanno nelle sedi deputate, anche del relativo danno erariale, perché da oggi, con il ricevimento di questa, mentre prima potevano dirsi inconsapevoli, adesso non lo sono più e sono chiamati ad attuare un piano conforme alla migliore prassi del settore, senza cedere alla acritica ripetizione di atti amministrativi che sono contrari ai canoni di moderna gestione del problema e rappresentano il paradigma della cattiva amministrazione.

Ifirmatari di questa non consentiranno che la censurata scivolata amministrativa venga portata a conseguenze ulteriori.

Con i migliori saluti".

Lanari Fabio, Presidente pro tempore del Comitato “No discarica territorioMontefano –Recanati"