MONTEFANO - Marino Belluccini. In quel piovoso pomeriggio del primo di aprile del 1924 MarinoBelluccini Belluccini era intento a intrecciare vimini per fare canestri a casa dei Tartabini, una famiglia di amici anch’essi coloni nelle campagne di Osteria Nuova a Montefano.

Insieme a Marino ci sono i suoi due fratelli, Giuseppe e Agostino. Non sa che nel frattempo a casa sua si sono presentati cinque giovani fascisti componenti del Fascio montefanese che hanno chiesto proprio di lui. Giovanni Francioni, Merico Zuccari, Luigi Raponi, Eraldo Trombettoni e Attilio Focante stavano facendo campagna elettorale per la Lista Nazionale in vista delle elezioni politiche del 6 aprile.

Una campagna elettorale fatta di intimidazioni e di violenze che già il 28 di febbraio avevano portato alla morte di Antonio Piccinini, tipografo di Reggio Emilia, candidato dei socialisti massimalisti. Con la scusa di spiegare ai contadini la nuova legge elettorale, i fascisti diffondevano paura e costringevano a rinunciare a votare tutti quelli che erano considerati pericolosi nemici del fascismo. 434455737 808002188030301 4767354468873133881 n

Marino Belluccini era stato congedato con onore per la sua fedeltà e la buona condotta dopo sei anni di servizio militare, dal ’13 al ’18, con il grado di caporalmaggiore nei corpi di artiglieria.

Apparteneva a una famiglia cattolica e non nascondeva le sue simpatie per il Partito Popolare per il quale, con molta probabilità, avrebbe votato. Intorno alle quattro i cinque fascisti arrivarono a casa dei Tartabini che li accolsero con cortesia e trovarono la persona che stavano cercando. Chiesero a Marino per chi avrebbe votato e lui rispose che avrebbe votato secondo le sue idee e la sua libera scelta.

Marino Balluccini non era un militante del Partito Popolare e nemmeno un candidato alle elezioni.

Era più semplicemente uno di quei tanti italiani che nei mesi che precedettero le elezioni politiche cercarono, con dignità e coraggio, di rivendicare il proprio diritto alla libertà di voto.

I fascisti, armati di manganelli e pistole, incominciarono a picchiarlo; Marino prese il forcone per tentare di difendersi, ma prima ancora che potesse usarlo uno dei cinque sparò a bruciapelo e lo colpì mortalmente alla schiena.

Al processo che si tenne a Macerata, Luigi Raponi si assunse tutte le responsabilità dell’accaduto e venne condannato a cinque anni e sei mesi di carcere, ridotti in appello a un anno e cinque mesi, ma non fece neppure un giorno di carcere perché riuscì a fuggire in Argentina.

Per la verità, bisogna aggiungere che tutti i presenti al momento del delitto avevano testimoniato senza incertezze che l’autore dell’omicidio non era stato il Raponi, ma un altro del gruppo di fascisti.

Marino Belluccini aveva 31 anni e venne dichiarato morto per rissa. Lasciava una giovane moglie e due figli, un bimbo di 4 mesi e una bimba di 3 anni.